Dove sono gli evasi di Favignana? Sbarre, telecamere, buio: tutto troppo facile
Che fine hanno fatto Adriano Avolese, Giuseppe Scardino e Massimo Mangione?
Continuano le ricerche dei tre detenuti evasi dal carcere dell’isola di Favignana. E si sospettano complicità, dato che i tre, estremamente pericolosi, sono evasi da un carcere di pubblica sicurezza in totale tranquillità, con le sbarre segate e le lenzuola.C’è anche un quarto uomo, come abbiamo raccontato ieri, legato e imbavagliato in cella, perché non era d’accordo con la fuga. Sono cento gli uomini impegnati nelle ricerche nell’isola. Dove sono? In qualche caletta? Oppure sono già riusciti a raggiungere la Sicilia grazie a qualche complicità?
Ieri in Sicilia c’è stata un’altra evasione, ma è durata poco. In due sono evasi dalla casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina. Sono stati subito catturati. I due reclusi, secondo una prima ricostruzione, avrebbero scavalcato il muro di cinta cercando di raggiungere a piedi la vicina autostrada Palermo-Messina ma sono stati bloccati, uno dalla polizia e l’altro dai carabinieri. Gli evasi, entrambi stranieri, sono un tunisino di 29 anni e un ghanese di 20, detenuti per reati minori. Ieri tre detenuti – tra cui un ergastolano – sono evasi dal carcere di Favignana e sono tuttora in fuga.
Tornando alla clamorosa fuga di Favignana, sono tante le domande in queste ore: ma come è possibile che in un carcere entri del materiale per segare le sbarre? E poi le sbarre di cosa sono fatte? Di legno? Ma non stiamo parlando di un carcere di “massima sicurezza”? Tra l’altro l’ultimo controllo è stato fatto a mezzanotte. L’evasione è alle tre. Le sbarre sono state segate in tre ore….
Ancora: come mai Mangione e Scardina, amici e complici dei reati per cui sono finiti in galera, trasferiti a Favignana dopo un tentativo di fuga dal carcere di Siracusa, eranoi nella stessa cella? Come mai non funziona il sistema di videosorveglianza?
Molte risposte le dà l segretario nazionale del Sappe, Donato Capece: “C’’è stato un allentamento nella vigilanza. Ciò a causa dell’applicazione della cosiddetta vigilanza aperta e cioè con le porte delle celle aperte. L’agente di polizia penitenziaria non è più presente, quindi, nei corridoi davanti alle celle, ma deve fare saltuari controlli. Questo non consente di fungere da deterrente e quindi evitare che taluni malintenzionati possano evadere. A Favignana è vero che ci sono pochi detenuti, di solito da 50 a 60, ma è altrettanto vero che c’è poco personale addetto ai turni di notte. In queste ore, infatti, ci sono solo tre agenti , di cui uno si occupa della sorveglianza generale, un altro in sezione detentiva per controllare circa 60 carcerati un altro nella sala regia”. E non è l’unica carenza. “Proprio dal lato dove sono scappati i tre detenuti, noi, come Sappe, abbiamo più volte segnalato la necessità di attivare l’illuminazione. Quella zona, infatti, non è per niente illuminata. Neppure il muro di cinta lo è”.
Con quelle d sabato dal carcere di Favignana salgono a 13 le evasioni da istituti penitenziari che si sono verificate dall’inizio dell’anno. Ma nei primi sei mesi del 2017 – fa sapere il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Sappe – altri 60 tra detenuti e internati hanno fatto perdere le proprie tracce: 17 approfittando di permessi premio e di necessità, 11 del lavoro all’esterno del carcere, altri 11 del regime di semilibertà, a cui vanno sommati 21 mancati rientri di internati.
Fonte: http://www.tp24.it