I rifiuti siciliani verso l’estero per frenare l’emergenza. Ma i costi raddoppiano
Il tempo stringe per il Governo Musumeci per evitare una nuova e catastrofica emergenza rifiuti in Sicilia. Le discariche sono al collasso, e la discarica di Bellolampo, che copre la Sicilia occidentale ha poche settimane di vita. Meno di un mese e poi chiuderà i battenti. “Siamo ad un punto di non ritorno”, ha detto nei giorni scorsi Nello Musumeci cercando di scuotere i parlamentari regionali.
Ma le prime scosse di assestamento su quello che potrebbe essere un terremoto ecologico si avverto già nei primi 50 comuni del Palermitano, con i rifiuti per strada come nelle crisi estive.
“Le discariche hanno sette o otto mesi di autonomia, quella di Palermo neanche questi. Dobbiamo fare in modo di mandare in questi impianti ogni giorno la metà dei rifiuti attualmente smaltiti lì. Dunque dobbiamo trovare una sistemazione a 2.500 tonnellate al giorno”, ha detto il Governatore siciliano.
Cosa succederà allora ai rifiuti siciliani? In attesa della costruzione di nuovi impianti resta solo la possibilità di spedire i rifiuti all’estero. Le altre regioni non possono più prendere i rifiuti siciliani, se non per qualche settimana. “Invece noi dobbiamo guadagnare un anno di tempo”. L’unica soluzione è mandare i rifiuti all’estero, ma ciò avrà un costo notevole ha avvertito Musumeci. Si è calcolato che il costo di smaltimento di ogni tonnellata di rifiuti raddoppierà rispetto agli attuali 100-140 euro. Chi pagherà? I cittadini ovviamente, attraverso il prevedibile aumento della Tari.
Intanto si aspettano ancora novità sul bando che la Regione sta preparando per trovare il sito di smaltimento all’estero e l’impresa che trasporti i rifiuti. Nessuna novità neanche sui cosiddetti “poteri speciali” chiesti dal presidente Musumeci al premier Gentiloni per gestire l’emergenza. “Oggi appena un centinaio di Comuni ha livelli accettabili sulla differenziata, gli altri 290 sono sotto il 10% e dovrebbero essere al 60%. Mentre cerchiamo un accordo con i sindaci questo Parlamento dovrà approvare la riforma del sistema di gestione per affidarla alle Province. Bisogna accelerare la liquidazione degli Ato e delle Srr e realizzare gli impianti per favorire la differenziata. Ma ci vorranno dieci mesi almeno”.
Il 18 gennaio, intanto, 50 sindaci saranno davanti Palazzo D’Orleans con le fasce tricolore a protestare. Lo hanno deciso lunedì sera a San Cipirello, dove si sono dati appuntamento 22 dei 50 Comuni costretti a scaricare in provincia di Catania.
I sindaci temono “l’aumento insostenibile dei costi di smaltimento, la mancata interlocuzione istituzionale e perché, in queste condizioni, saranno costretti ad aumentare la Tari ai propri cittadini”.
”I sindaci – dichiarano in una nota congiunta – manifestano tutta la loro preoccupazione per un settore, quello del ciclo dei rifiuti, che tocca da vicino la salute e le tasche dei cittadini. Con questo spirito, e convinti che serva la massima collaborazione istituzionale, abbiamo chiesto più volte un incontro al neo eletto Presidente della Regione. Purtroppo non abbiamo avuto risposte, ragione per la quale ci siamo autoconvocati, giovedì 18 gennaio alle 11, davanti la sede di Palazzo D’Orleans con le fasce tricolore”.
“Confidiamo nella sensibilità istituzionale del presidente Musumeci- continua la nota- al quale chiediamo ascolto costruttivo per proposte attuabili e concrete. Pensiamo, ad esempio, all’immediata ricognizione degli impianti di compostaggio e di filiera. Considerare quelli autorizzati e valutare gli eventuali ampliamenti, nel rispetto delle disposizioni di Legge, per permettere ai Comuni di effettuare la raccolta differenziata, evitando costi aggiuntivi di trasporto”.
I sindaci chiedono un incontro col presidente Musumeci da circa un mese, ma non sono stati ancora convocati. E c’è chi, come il sindaco pentastellato di Bagheria Patrizio Cinque, rimpiange già Crocetta.
I comuni del Palermitano che sono stati, da giorni, dirottati nel conferimento dei rifiuti nella discarica di Oikos di Motta Sant’Anastasia sono 48 più Alcamo e Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani. Si stima un aumento del 10% dei costi di discarica a cui si aggiungono i costi per il trasporto.
Fonte: https://www.tp24.it