Strage di Lampedusa. Indagato un capitano di Mazara: “Non ha soccorso 500 persone”
Lasciò affondare un barcone con centinaia di persone a bordo. E’ indagato il capitano di un peschereccio di Mazara del Vallo. L’imbarcazione, stracolma all’inverosimile con almeno 520 persone stava per colare a picco e l’equipaggio del peschereccio la lasciò affondare senza a soccorrerli né tanto meno avvisare le autorità.
È questa l’ipotesi della Procura della Repubblica di Agrigento che, quasi quattro anni dopo la strage del 3 ottobre del 2013, in cui ci furono 366 morti accertati al largo di Lampedusa, ha concluso l’inchiesta avviata sulla base delle denunce dei sopravvissuti che hanno raccontato di avere visto passare un peschereccio che, nonostante i segnali di allarme, non si prestò a soccorrerli.«Siamo partiti due giorni fa dal porto libico di Misurata, – hanno raccontato – su quel barcone eravamo in 500. Non riuscivamo nemmeno a muoverci. Durante la traversata tre pescherecci ci hanno visto ma non ci hanno soccorso». Oltre ai superstiti aveva confermato questa versione lo scafista dell’imbarcazione – Khaled Bensalem, 36 anni, tunisino – arrestato pochi giorni dopo e condannato definitivamente a 18 anni di carcere per omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il pubblico ministero Andrea Maggioni, titolare del procedimento ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini ai sette indagati. Si tratta di Matteo Gancitano, 67 anni, di Mazara del Vallo, comandante del peschereccio «Aristeus», e dei componenti dell’equipaggio, quattro dei quali sono africani (tre tunisini e un senegalese) e due mazaresi.
Gli indagati sono stati già sentiti durante le indagini e hanno respinto le accuse sostenendo di non essersi fermati e di non avere allertato i soccorsi perché non avevano compreso che l’imbarcazione si trovava in difficoltà.I superstiti, che hanno dato anche una descrizione del peschereccio indicando persino il colore, sostengono di avere fatto vistosi cenni di allarme che non furono raccolti. Conclusa l’inchiesta, con ogni probabilità, sarà il processo a fare chiarezza pure su questo aspetto della strage.
I sette indagati, che hanno nominato come difensori di fiducia gli avvocati Paolo Paladino e Angelo Vita, avranno altri venti giorni per tentare di convincere i pm a non chiedere il rinvio a giudizio per l’accusa di omissione di soccorso in mare.
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Fonte : http://www.tp24.it